Quando mi sposto per lavoro, ascolto molto volentieri la radio. Tutt’ora la radio ha molte più possibilità creative della televisione, e incredibile! anche del web! Prima di tutto è un intrattenimento fantastico in macchina- cosa che non può essere istagram o facebook- Ho ascoltato l’intervista all’architetto Paola Viganò, che ha scritto un libro interessante, si chiama “i giardini biopolitici”.
Perché sto a parlarvi qui di questo libro?
Perché fondamentalmente l’architetto dice una cosa che sfugge, ma è tanto importante: che in città cerchiamo di creare qualcosa di nuovo, più ecosostenibile, più green, più vicino alla nostra idea di ideale,ma purtroppo abbiamo ancora in testa vecchi parametri, e che quindi, rischiamo di cammuffare le nostre città, ma poi non cambiamo niente di sostanziale. Perché tutti i paradigmi legati alla ” vecchia ” città moderna, ci condizionano.
Tra i vecchi paradigmi che ancora ci condizionano, esite ancora quello che oppone la vita di città a quella della campagna.
Negli anni 70 del secolo scorso, bimba, venivo a Statiano per la trebbiatura con mio padre, o con mio zio e i miei cugini e passare la domenica.
La strada regionale 68 era statale e molto più stretta, a percorrerla da Cecina ci voleva un’oretta buona, buona e non si poteva imboccare da Cecina centro, ma solo da San Pietro in Palazzi, una piccola frazione più a nord.
Eppure, era la strada più immediata che collegava i fiorentini a Castiglioncello, al mare, ma che non la prendevano in considerazione perché prendevano l’autostrada.
Da Ponteginori, prendevamo la strada provinciale 47, che era una strada bianca di 5 chilometri, tutta sassi e buche, e che andava percorsa con una certa tranquillità. Per fare 5 chimometri ci mettevamo una mezzoretta.
Ed ecco cosa trovavamo una volta arrivati: prima cosa,
-Roberto e Mirella e i genitori di Roberto, che hanno lavorato nell’azienda di famiglia per molti anni;
-le galline di Mirella, che facevano delle uova di tutti i colori
-le caprette della mamma di Roberto con cui lei faceva un formaggio fantastico che conservava nella madia insieme al pane, profumatissimo, che faceva sempre lei,
-5 conigli grassi che stavano nella conigliera,
-l’acqua del pozzo che andava pompata,
-un generatore per la corrente elettrica
-, il fieno quando era stagione su cui ci arrampicavamo sulle balle per poi scivolare lungo le sue balle, o saltare da una balla all’altra.
-i dolci di Mirella, leccornie fatte con le uova delle sue galline e che lei ci preparava affettuosamente.
-Il camino, che accendavamo con la legna del bosco.
– un vino aspro, in bottiglie grandi da un litro e mezzo, con l’olio in superficie da togliere con la stoppia o con il cotone. Un vino che durava al massimo 8 mesi, e che era scuro e denso come la notte.
-L’olio extravergine di oliva, saporito, piccante, dove tuffare il pane.
Nel 2000, quando mio marito ed io siamo venuti ad abitare qui, molte cose stavano cambiando, e altre sono rimaste uguali.
La strada è cambiata: è regionale, è più grande e agibile, meno selvaggia. Adesso passano molti turisti da Firenze e provincia per andare al mare.
Anche la provinciale adesso è asfaltata, e si arriva in 5 minuti a Statiano dal villaggio di Ponteginori. L’acqua arriva con l’ASA e l’elettricità con i pali dell’Enel. Alcuni paesi vicini vengono riscaldati con il vapore.
Per anni abbiamo lavorato fianco a fianco con Roberto e Mirella e abbiamo conosciuto gli abitanti di Micciano, e la vita del paese, di questo piccolo gioiello e tanti altri paesi intorno.
Tante e tante cose sono cambiate. Prima di tutto le generazioni. E qui parleremo una volta al mese di questo rapporto, tra città e campagna, e della vita in campagna.